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SIDNEY: LE NOZZE DI FIGARO – un ’allegra commedia in un mondo che crolla”

05.09.2015 | Allgemein, Oper

Nozze di Figaro all’ Opera House di Sydney: un ’allegra commedia in un mondo che crolla”

Grandissimo successo per il nuovo congegno teatrale perfettamente ideato da Sir David McVicar

30 August 2015

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Taryn Fiebi und Paolo Bordogna. Copyright: Prudence Upton

Una pregevole edizione delle Nozze di Figaro mozartiane ha concluso, tra l’entusiasmo di un pubblico partecipe ed emozionato, la stagione operistica 2015 della Sydney Opera House. Si è trattato di uno spettacolo riuscito e divertentissimo culmine di un cartellone ricco e stimolante, il quale, come d’abitudine, ha avuto il merito di radunare un cast formato da eccellenze australiane ed artisti prestigiosi di fama internazionale. Tutta la compagnia di canto è riuscita ad unire capacita interpretative in un meccanismo teatrale perfetto, comunicativo e di rara omogeneità, grazie e soprattutto alla guida e alla sensibilità di David Mcvicar , regista tra i più stimolanti e apprezzabili del presente, a cui Opera Australia ha affidato la messa in scena dell’intera trilogia dapontiana (dopo il Don Giovanni dello scorso anno, Cosi fan tutte chiuderà il cerchio nella prossima e già annunciata stagione 2016).

Il nuovo spettacolo ideato e diretto dal regista scozzese, fedele anche questa volta al suo linguaggio teatrale mai controverso o facile a sensazionalismi, ma sempre rivolto all’ assoluta chiarezza narrativa, ha trovato dopo lo già straordinario allestimento del Covent Garden di Londra, una definizione ancora più ricercata della poetica mozartiana: il perfetto ritmo teatrale, che ha reso Le Nozze di Figaro una delle opere più divertenti di tutti i tempi, è stato innervato infatti da altre importantissime dimensioni spesso trascurate quali quella sentimentale, quella sociale e quella politica. Le passioni e gli stati d’animo pertanto messi in evidenza sono stati inseriti in una società gerarchicamente pesante, costrittiva e ben definita, in cui i reciproci rapporti dei personaggi cosi nuovamente delineati e sviluppati hanno assunto una logica e un’immediatezza espressiva da ben pochi confronti. Il tutto con una naturalezza e un ritmo teatrale da teatro di prosa a dir poco eccezionale. Impensabile dar conto dei mille particolari e dettagli che, se pur in un’ambientazione classica e didascalica, hanno trasformato gesti e atteggiamenti in una eccezionale e ancora più innovativa varietà di significati.

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Paolo Bordogna. Copyright: Prudence Upton

Le scene ed i costumi poi frutto dell’invenzione e della minuziosa ricostruzione ambientale di Jenny Tiramani, la quale si è potuta evidentemente avvalere di una produzione generosa, hanno piacevolmente conquistato tanto era la loro ricchezza, opulenza ed eleganza, mai però ridondante o esagerata: ad una riuscita infatti evocazione del lusso, non è stata però sottratta la componente contadina, paesana e servile, elemento teatrale significativo per Mozart (che sarebbero Le Nozze di Figaro senza la schietta natura popolana di Figaro?). Gli ambienti nobiliari in particolar modo di fine settecento (gli anni appena precedenti la rivoluzione francese) del secondo e terzo atto, giocati su arredi fascinosi e raffinati, sono risultati così suggestivi da far scaturire per fino l’ applauso spontaneo ed immediato all’apertura del sipario.

Indubbiamente uno spettacolo con queste caratteristiche acquista un senso diverso quando i ruoli, almeno quelli più importanti, vengono sostenuti da grandi personalità.

A tal proposito il personaggio protagonistico di Figaro ha visto il debutto nel ruolo del baritono italiano Paolo Bordogna, il quale, artista già dotato di grande ed autonoma statura artistica, ha trovato nella presenza e nella guida di un regista come McVicar convogliare il proprio carisma d’interprete in un protagonismo ricco di dettagli inusuali e distintivi, che quindi l’hanno ancora di più esaltato. Grazie ala sua voce italianissima, potente, ma vellutata, nell’accoppiare l’ ottima musicalità al senso dello stile in un canto sempre rotondo e pieno, è riuscito a restituire degli interventi centratissimi in ogni situazione, in cui non una parola o un’oncia di espressività sono andate perdute. Energico dove occorre con il Conte, affettuoso e sensuale nei i duetti con Susanna, ironico nel rapporto con Cherubino, drammatico e travolgente in tutto il quarto atto: l’ avvio cosi del recitativo iniziale di “Tutto è disposto” è risultato un capolavoro.

Molto piacevole è risultato anche  il Conte del giovanissimo baritono russo Andrei Bondarenko, il quale ha fatto sfoggio anch’egli di una voce sana e timbrata. Di bella presenza, pur rispondendo benissimo come attore alle sollecitazioni del regista, ha delineato per via di una certa uniformità di fraseggio un “grande di Spagna” troppo monolitico, in cui solo il lato più autorevole e autoritario del conte è stato messo in rilievo.

Taryn Fiebi è risultata invece pressoché perfetta come Susanna in quanto della serva astuta possedeva sia il fisico per essere credibile, sia quella verve scenica trascinante e sia quella grazia sfacciata a volte intrigante e sensuale. Tutto messo al servizio di una voce calda, vellutata e sempre convincente. Tra le varie cose si è prodotta in un “ de vieni non tardar” nel IV atto semplicemente perfetto per fusione fra musica e azione scenica. Nicole Car, dalla carriera in continua ascesa internazionale, ha prestato il suo chiaro e carezzevole timbro al ruolo della Contessa, piegandolo a quella luminosa ed algida malinconia propria del personaggio: complessivamente la resa generale è stata pregevole. Anna Dowsley come Cherubino si è imposta all’attenzione degli ascoltatori oltre che per il fascino timbrico (una voce carnosa e lodevolmente omogenea fra i registri), soprattutto per essere riuscita a disegnare perfettamente il carattere di questa sorte di “folletto”, non ancora uomo, ma non più fanciullo, che porta sempre scompiglio e nel quale forse Mozart ha sicuramente messo anche un po’ di se.

Per il resto del cast – elemento questo distintivo del celebre teatro australiano – sono stati impiegati nei ruoli di fianco artisti stabili dell’ “Opera Australia”, i quali, nonostante un emissione vocale a volte gutturale di uno, piuttosto che una dizione fallosa dell’altro, sanno stare coscienziosamente in scena e possiedono una vis comica cosi coinvolgente tale da calamitare a volte su di loro l’intera azione teatrale. Bartolo, Don Curzio, Barbarina (delicato e sognante è stato il suo inizio del IV atto) Basilio e Marcellina (con i tagli, di modesta entità delle loro arie “della capretta” e “della pelle d’asino “ sempre del IV atto) hanno così assolto con estrema perizia il compito comico di maschere che Mozart – e colto sapientemente da McVikar – gli ha voluto affidare che bilanciano in questo modo l’ironia amara dei personaggi principali

La direzione musicale di Guillaume Tourniaire rispetto alle versioni orientate verso impostazioni più solenni e trascendentali, o poetiche ed intimiste, ha contrapposto fin dall’iniziale e frizzante ouverture un’interpretazione molto più animata e scattante (a volte fino all’ostentazione). Spinto probabilmente da una più efficace partecipazione all’aspetto teatrale, ha offerto pertanto un’esecuzione certamente ammirevole per lo sprizzante argento vivo e la ricchissima tavolozza di colori – assecondato accuratamente dalla pregevole orchestra dell’Opera Australia – pur creando in questo modo un contesto eccessivamente monocromo di forte tensione narrativa. Di ottimo gusto le discrete variazioni che gli artisti hanno inserito nei propri momenti solistici e avvallate, crediamo, dallo stesso direttore.

Un pubblico divertito e partecipe, che con la possibilità di usufruire dei sottotitoli in inglese ha potuto seguire il libretto senza fatica, ha corrisposto tutti gli artisti con un successo appassionato e vivissimo.

Adalberto Ruggeri

 

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